«È il capo. È stato lui ad uccidere l'artigliere. Dal
momento che s'è messo lì, benissimo! Ci stia: fuciliamolo sul posto.»
«Fucilatemi,» disse Enjolras.
E, gettato via il mozzicone della carabina e incrociate le
braccia, presentò il petto. L'audacia del ben morire commuove sempre gli
uomini. Non appena Enjolras ebbe incrociato le braccia, accettando la fine, il
frastuono della lotta cessò nella sala e quel caos s'acquetò subito in una
sorta di solennità sepolcrale. Pareva che la minacciosa maestà d'Enjolras,
disarmato e immobile, pesasse su quel tumulto e che, solo con l'autorità del
suo sguardo tranquillo, quel giovane, l'unico che non avesse una ferita, superbo,
insanguinato, bello, indifferente come un invulnerabile, costringesse quella
sinistra schiera a ucciderlo con
rispetto. (...)
Una guardia nazionale; che aveva preso di mira Enjolras,
abbassò l'arma, dicendo: «Mi sembra di fucilare un fiore.»
Dodici uomini s'allinearono su due file all'angolo opposto
ad Enjolras e prepararono silenziosamente i fucili. Poi un sergente gridò:
«Puntate!»
Un ufficiale intervenne. «Aspettate.» E, rivolto ad
Enjolras, gli disse: «Volete che vi bendino gli occhi?»
«No.»
«Siete stato voi ad uccidere il sergente d'artiglieria?»
«Sì.»
Da pochi istanti, Grantaire s'era svegliato. Come il lettore
ricorderà, Grantaire dormiva dalla vigilia nella sala superiore della taverna
(...) Il chiasso non risveglia un ubriaco, il silenzio, sì. La caduta di tutto,
intorno a lui, accresceva l'annichilimento di Grantaire e la rovina lo cullava;
quella specie d'arresto del tumulto, di fronte ad Enjolras, fu una scossa per
quel pesante sonno. È come una carrozza al galoppo che s'arresti di botto: gli
assopiti nel suo interno si svegliano.
Grantaire si rizzò di soprassalto, stese le braccia, si strofinò gli occhi, guardò, sbadigliò e comprese. L'ubriachezza che finisce somiglia ad una tenda che si laceri: si vede con una sola occhiata tutto quello ch'essa nascondeva, e tutto ritorna subitamente alla memoria. Così, l'ubriaco che non sa nulla di quanto è accaduto da ventiquattr'ore in poi, non ha fatto in tempo ad aprire le palpebre, che già è al corrente di tutto. Le idee gli ritornano con brusca lucidità; l'annebbiamento dell'ubriachezza, specie di vapore che accecava il cervello, si dissipa e lascia il posto alla limpida e netta ossessione delle realtà.
Grantaire si rizzò di soprassalto, stese le braccia, si strofinò gli occhi, guardò, sbadigliò e comprese. L'ubriachezza che finisce somiglia ad una tenda che si laceri: si vede con una sola occhiata tutto quello ch'essa nascondeva, e tutto ritorna subitamente alla memoria. Così, l'ubriaco che non sa nulla di quanto è accaduto da ventiquattr'ore in poi, non ha fatto in tempo ad aprire le palpebre, che già è al corrente di tutto. Le idee gli ritornano con brusca lucidità; l'annebbiamento dell'ubriachezza, specie di vapore che accecava il cervello, si dissipa e lascia il posto alla limpida e netta ossessione delle realtà.
I soldati, che fissavano gli sguardi sopra Enjolras, non
avevano neppure scorto Grantaire, relegato com'era in un angolo e come riparato
dietro il bigliardo, e il sergente stava per ripetere l'ordine: «Puntate!»
quando all'improvviso fu intesa una voce forte gridare, a fianco dei soldati:
«Viva la repubblica! Ci sono anch'io.»
Grantaire s'era alzato. L'immenso fulgore di tutto il
combattimento al quale era mancato, al quale non aveva preso parte, apparve
nello sguardo sfolgorante dell'ubriacone trasfigurato.
Egli ripeté: «Viva la repubblica!» attraversò la sala con
passo fermo ed andò a collocarsi davanti ai fucili, ritto in piedi vicino ad
Enjolras.
«Speditene due con un colpo solo,» disse.
E, volgendosi verso Enjolras con dolcezza, gli chiese:
«Permetti?»
Enjolras gli strinse la mano, sorridendo.
Quel sorriso non era ancor finito, che la detonazione
echeggiò.
Enjolras, attraversato da otto pallottole, rimase appoggiato
al muro, come inchiodato; solo, chinò il capo. Grantaire, fulminato, gli si
abbatté ai piedi.
I miserabili, Victor Hugo
La morte di Enjolras e Grantaire da "I Miserabili", di Tom Hooper, 2012 |
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